“Io sono il libanese” di Giancarlo De Cataldo

Di Sergio Calzolaio

Roma. Autunno 1976 – Primavera 1977. (Franco Giuseppucci aveva 29 anni.) Il Libanese, 25enne nero piccolo possente villoso, fascista da sempre, trasteverino romanista, testa calda e fina, fa il ladro e sta in carcere. Salva il nipote del detenuto capo di camorra, diventa un loro protetto, esce e prova a far diventare vero il suo sogno: unificare il crimine romano e comandarlo.

Subito non lo dice nemmeno a Dandi Bufalo e Scrocchiazeppi. Incrocia il Freddo e incontra una gran fica di riccioli neri, Giada, sinuosa arrapante, ricca rivoluzionaria drogata autonoma pariolina. Sesso, giri, fregature, entrature.

Sora Pina avverte la ragazza di non fidarsi, i progetti di Libano sono soprattutto altri, sequestro e rapina però vanno malino.

Rispetto al romanzo capolavoro di De Cataldo, questo è il racconto “criminale” (“Io sono il Libanese”, Einaudi 2012, pag. 131 euro 13), prequel del quindicennio 1977-1992, un solo protagonista (terza fissa), passo giusto, linguaggio curato, ragazzi di vita, commedia umana. Imperdibile per chi ha amato il romanzo (vedi il saggio su “Delitti di carta” 2004 n. 2, oltre a fiction e varie). Martini e De Angelis.

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