“Le righe nere della vendetta” di Tiziana Silvestrin

Di Valerio Calzolaio

Mantova (e Roma, Venezia, Firenze). Estate 1585 (e 1524-1540). L’attraente Biagio dell’Orso, alto asciutto muscoloso, occhi scuri e corti scompigliati capelli bruni, fidanzato con la bella locandiera veneziana Rosa, capitano di giustizia alla corte dei Gonzaga, viene svegliato per la morte del 27enne Oreste Vannocci, prefetto (architetto) delle fabbriche, avvelenato in una camicia intrisa di cicuta.

Il movente è in un antico omicidio scoperto da Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello, dopo che il grande “pittore” era fuggito da Roma nel 1524 con Baldassarre Castiglione alla volta di Mantova, mentre predisponeva il maestoso Palazzo del Te, coinvolti in vario modo il papa e l’imperatore, Giovanni dalle Bande nere e Pietro Aretino. Oreste aveva tracciato strisce nere per indicare chi e perché era stato ucciso. Un poco scolastico il secondo romanzo della serie della competente artista Tiziana Silvestrin (“Le righe nere della vendetta”, Scrittura & scritture, 2011, pag. 293, euro 14,50), in terza prevalente su Biagio e Giulio. Descritti geni e opere. Rimarchevole sciroppo di papavero. Si mangia bene al Pavone e in osteria.

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