“Glokers” di Silvana Cappuccio

Di Roberto Musacchio

Sono 191 milioni i lavoratori migranti nel Mondo. Il doppio di quanti ve ne fossero nel 1960. Alle loro condizioni, e alle condizioni dei lavoratori nei Paesi più difficili per loro ( ma tutti i Paesi, anche nell’avanzata Europa, rischiano di essere sempre più difficili per i lavoratori ) è dedicato un bel libro, Glokers, edizioni Ediesse euro 15, di Silvana Cappuccio, di recente pubblicazione.

Silvana Cappuccio è una sindacalista impegnata in particolare nei livelli internazionali e del settore tessile. Il suo libro è scritto sul campo. Quello appunto dei Glokers, lavoratori globali. Li ha conosciuti non solo nei convegni ma nei loro luoghi di lavoro difficile, specie nel Sud del mondo.Ha viaggiato e parlato con loro, per anni. E il libro ci rende questi viaggi, queste narrazioni, dando la parola ai Glokers, tra cui molte sono le donne. Alle parole si accompagnano splendidi materiali fotografici che rendono vivi quei racconti, fuori da ogni anonimato. E poi una raccolta di informazioni, dati statistici, normative esistenti e disattese, che danno conto della realtà del lavoro sul nostro pianeta oggi.

Si impara a conoscere questa dimensione globale del lavoro troppo misconosciuta; e senza la quale è ben difficile pensare di affrontare le questioni del lavoro in casa nostra. Eppure un tentativo di darsi diritti globali esiste, e numerose sono le convenzioni internazionali conquistate dai sindacati. Ma il viaggio della Cappuccio ci dice che è ben difficile parlare di una tendenza al miglioramento delle condizioni. Anzi, non solo permangono ma si creano nuove condizioni di sfruttamento estremo, di lavoro servile o schiavistico.Come dicevo, l’occhio di donna guarda molto ad una realtà femminile che sempre più spesso entra nel mondo del lavoro, ma nelle forme più dure. Leggendo ci si accorge di quante sciocchezze siano state dette e scritte sulla fine del lavoro. I lavoratori al contrario sono più numerosi che mai, inseguiti dalla globalizzazione liberista che cerca di incrementare i propri margini di profittabilità. Ma sono più deboli e addirittura assai spesso impossibilitati a rivendicare i diritti per la propria condizione. Questo nuovo capitalismo sembra voler negare l’idea stessa di una società duale in cui al lavoro è riconosciuta la propria funzione. Sembra quasi ricercare, a secoli di distanza, un compromesso con l’antico feudalesimo della servitù della gleba, non chiedendo lavoro libero ma servile. Condizione estrema degli estremi della globalizzazione? Non solo, purtroppo. Tutto ciò parla anche della nostra Europa.La Commissione Europea scrive nelle sua comunicazione sul lavoro migrante del 2008 che senza 110 milioni di migranti nel 2060 gli andamenti demografici renderanno impossibile all’Europa mantenere il proprio modello sociale. 110 milioni sono 50 in più di quelli calcolabili con i ritmi di arrivo odierni. Ne consegue un bisogno di migranti che l’Europa interpreta invece sotto forme securitarie, facendosi fortezza. Lungi dal ragionare sul valore del lavoro globale che, almeno, dovrebbe avere gli stessi diritti delle merci a spostarsi; e che anzi andrebbe visto nella sua dimensione umana, si crea lo stato di clandestinità. Un assurdo aberrante trattare nel peggiore dei modi coloro di cui hai bisogno. Ma questa follia a ben vedere è assai lucida. Serve a impedire a milioni di persone di dichiararsi lavoratori e cittadini o a farlo in forme del tutto subalterne.E serve a perpetuare condizioni di sfruttamento nel Mondo, che portano alle migrazioni, senza aprirsi contraddizioni in casa.Leggere questo libro ci aiuta a comprendere che la battaglia globale per il lavoro dignitoso è imprescindibile per salvarci dalla barbarie.

Immagine Book reading di UnDraw.com