Relazioni gruppi di lavoro del Corso residenziale “Si può fare!”

Primo caso: la cooperativa agricola

Caso della cooperativa agricola

Soluzione proposta

Nel gruppo riunito per simulare la soluzione del caso presentato relativo alla cooperativa agricola, erano presenti diverse competenze: operatori sociali,architetto,operatore di comunicazione, educatrici,operatori nella politica, un operatore sociale con una lontana formazione agraria.

Nell’esaminare il caso il gruppo ha discusso se confermare o meno la missione e gli obiettivi scelti dai soci reali della cooperativa e ha scelto di confermare la missione agricola economica con inserimento di personale svantaggiato in qualità di soci-lavoratori.

Le informazioni aggiuntive fornite durante il lavoro di gruppo hanno messo in luce la possibilità di dover ricorrere anche a fondi europei (le cosiddette fattorie sociali) per ulteriori finanziamenti. Per migliorare la performance economica e innalzare il livello dei ricavi si sono individuate attività multifunzionali da intraprendere oltre la produzione di prodotti biologici, e sinergie da attivare con altre esperienze di tipo cooperativo e sociale. Le attività vanno da quelle ludiche-ricreative, a quelle educative da proporre alle scuole del territorio, ricercando il coinvolgimento della comunità locale, e non solo le istituzioni già coinvolte, come in più passaggi le relazioni del corso hanno riproposto nelle diverse forme e modalità. Perciò anche il ricorso al microcredito è stato indicato come strada da esperire per ottenere finanziamenti aggiuntivi a quelli ottenuti dagli istituti di credito ordinari.

Tenendo presente quanto fatto in Argentina per le fabbriche recuperate si sono indicati possibili interventi di solidarietà da richiedere alla popolazione che abita nel territorio umbro in particolare a Tuoro e nelle sue prossimità. Così come il ricorso con pagamento anticipato ai Gas già esistenti e/o quelli da promuovere, attivando così una forma di credito solidale.

Il punto critico del bussines plan è per il gruppo il costo del casale, considerato eccessivamente oneroso per la cooperativa in questa fase di decollo. La discussione si è accesa a questo proposito e si sono indicate strade quali l’affitto, la comproprietà, l’individuazione di altri immobili che possono consentire non solo l’attività attuale( magazzino, ricovero per gli attrezzi e simili) ma anche forme di residenza quali semplici forme di agriturismo, convegni, sala riunioni, punto vendita diretto,itinerari gastronomici e turistici della valle di Annibale con soggiorni brevi di studenti o altro similare.

Fabio Barcaioli è stato fondamentale nel facilitare la discussione.

Soluzione intrapresa dalla cooperativa

Il Casale è indispensabile per l’attività della cooperativa. Nell’impossibilità di acquistare altri immobili, in quanto troppo lontani dai terreni e con il prezzi che si aggirano sempre su cifre simili a quelle a noi richieste.
La soluzione fin qui individuata è quella di prendere in affitto il casale con l’obbligo di acquisto entro il 31 Dicembre 2011. In questo arco di tempo, dovremmo racimolare i soldi per l’acquisto in questa maniera:

  1. Il “Piano casa” varato dall’attuale governo e i condoni edilizi dei governi precedenti hanno permesso di avanzare una cubatura edificabile da poter utilizzare per nuove costruzioni che si aggira intorno ai 130 mq. La vendita di tale terreno si aggira sui 60-80 mila euro, a seconda dell’andamento del mercato.
  2. La lega delle Cooperative gestisce un fondo che deriva dagli utili dei propri associati, tale fondo viene utilizzato per finanziare progetti di coop associate che abbiano l’obbiettivo di far crescere il mondo cooperativo. Si pensa di accedere per una cifra pari a 50-60 mila euro a fondo perduto.
  3. L’attività sociale ci ha permesso di accedere a diversi bandi, come quello della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, della Chiesa Valdese e dei Programmi di Zona. Si pensa di accedere ad una cifra vicina ai 50.000 euro.
  4. Tramite il Fido rilasciato dalle lega delle Cooperative possiamo accedere ad un mutuo bancario.

Per quanto riguarda la diversificazione dell’attività portando l’azienda verso la Multifunzionalità agricola, si è progettato l’attività di Onoterapia, di fattoria didattica e di turismo con passeggiate con gli asini nei percorsi della Battaglia del Trasimeno.

La rete europea delle fattorie sociali non ha fondi per le attività, ma finanzia solamente convegni, ricerche etc.

Mentre la possibilità di attivare una campagna di solidarietà con la popolazione non era ancora stata valutata, ma ha indubbiamente un elevato interesse, tenuto conto, che in questi primi 8 mesi di attività, è stata la solidarietà del territorio che ci ha permesso di andare avanti, prestandoci gli attrezzi necessari, luoghi dove conservare i nostri prodotti, rifugio per il pranzo etc.

Secondo caso: il credito fondiario

Caso del Credito Fondiario.

Soluzione proposta

Dopo aver fatto il punto sulle suggestioni e strumenti che il corso ci aveva proposto, ai fini di utilizzarli, se necessario nella trattazione del caso, il gruppo di lavoro ha individuato le risorse interne che aveva a disposizione per la sua trattazione. Si è scelto di declinarle in termini di competenze ed esperienze dei partecipanti ed è risultato il seguente quadro:

  • Esperienza politica, anche parlamentare
  • Esperienza di gestione societaria
  • Modelli collaborativi a rete
  • Comunicazione e marketing
  • Informatica, telecomunicazioni e WEB
  • Cassaintegrazione, mobilità anche dal punto di vista normativo
  • Volontariato
  • Insegnamento
  • Capacità relazionali
  • Lavoro sociale

Inoltre un ulteriore preziosa risorsa informativa è stata la presenza del testimone privilegiato del caso Riccardo Tranquilli sindacalista interno alle RSA della FONSPA.

E’ stato necessario fare il punto sugli obiettivi del gruppo di lavoro per stabilire che si trattava di esaminare le scelte possibili per la risoluzione della situazione societaria al maggio 2008 assumendo come punto di vista quello dei lavoratori interni alla azienda e delle loro RSA. Nel maggio 2008 la direzione aziendale convoca le OO.SS. e comunica loro che sarebbe sua intenzione, per rendere la banca più “snella” e, quindi, più appetibile ad un eventuale compratore, di ridurre i costi del personale utilizzando gli strumenti propri del C.C.N.L.

  • In merito agli strumenti a disposizione (codificati dal punto di vista normativo o in termini di buone prassi) sono stati individuati dal gruppo:
  • CCNL Credito ABI e sui allegati (Fondo Esuberi)
  • Contratto integrativo aziendale
  • Fondo esuberi
  • L. 223/91 – licenziamenti collettivi

Nel caso del Fonspa, i lavoratori in possesso dei requisiti per l’accesso al fondo esuberi previsto dal CCNL sono circa 25.

Il gruppo individua e discute 2 possibili scelte sulla base delle informazioni raccolte:

  1. Accettare le richieste aziendali di ridimensionamento dei costi del personale in vista di una futura ipotetica vendita o della messa in stato di liquidazione accompagnando i lavoratori coinvolti con gli strumenti a disposizione. Le considerazioni sono state qui in merito al numero di lavoratori che avevano i requisiti per accedere al fondo esuberi – solo 25 e che se l’azienda fosse stata liquidata non sarebbe stato più possibile l’accesso al fondo. Al settore credito inoltre non si applica la normativa sulla cassa integrazione e mobilità.
  2. Non accettare le richieste aziendali, entrare in mobilitazione con l’insieme dei lavoratori coinvolti e cercare di coinvolgere al tavolo delle trattative tutti gli stakeholder interessati al caso aziendale o che potevano avere una capacità di influenza sulle decisioni della proprietà:
    • ABI, Banca D’Italia
    • Regione, Provincia, Comune
    • Federlazio sistema delle PMI
    • Unione Europea
  3. Questa seconda opzione poteva prevedere come spunto alla evoluzione della situazione di crisi l’intervento di un acquirente che ancora non era stato individuato. Tale scelta aveva un rischio più elevato ma allungava di fatto i tempi di sopravvivenza e faceva intravedere la possibilità di trovare soluzione collettiva per tutti i lavoratori coinvolti.

Il gruppo dopo ampia discussione opta per questa seconda scelta decidendo di sottoporre tale opzione al voto dei lavoratori interessati

Da segnalare alcuni spunti di riflessione: Informazioni e mercato – 1 quando inizia a girare la notizia che l’azienda vuole liquidare la fiducia nell’attività aziendale sui mercati del credito cala fortemente, contribuendo di fatto ad acuire la crisi già in atto.
Informazioni e mercato – 2 qualcuno suggerisce di utilizzare informazioni su ipotetico acquirente per influenzare positivamente il mercato.

L’esercitazione è stata partecipata ed ha suscitato anche curiosità in merito alla coerenza della soluzione proposta con quanto realmente accaduto.

Soluzione intrapresa dai sindacati

Le OO.SS. hanno immediatamente deciso di non aderire alla richiesta aziendale di “smagrimento” per vendere meglio l’azienda. Hanno, quindi, presentato all’assemblea dei lavoratori l’istanza di mobilitazione generale per combattere il tentativo di affossamento del Fonspa e di chi ci lavora. L’assemblea ha approvato all’unanimità questa decisione.

Requisito fondamentale individuato per una maggiore efficacia della “resistenza” è stata l’unità delle diverse sigle sindacali aziendali e, soprattutto, dei lavoratori e l’agire di concerto con le strutture territoriali e nazionali dei sindacati.

La mobilitazione è stata strutturata in due fasi che hanno proceduto affiancate: lotta e fase propositiva. Per quanto concerne la prima fase sono stati proclamati giorni e giorni di sciopero con relative manifestazioni. Dalla periferia di Roma sino al centro, sono innumerevoli le piazze che hanno visto le manifestazioni dei lavoratori del Fonspa. Il continuo contatto tra rappresentanti sindacali aziendali e lavoratori (tramite lo strumento assembleare) ha fatto sì che tutte le iniziative di lotta fossero condivise ed appoggiate, tanto è vero che nelle giornate di sciopero l’adesione è stata pressoché del 100%. Ma la fase di lotta è servita anche a “propagandare” il progetto che i lavoratori del Fonspa hanno elaborato consapevoli che occorreva affiancarla con proposte ed idee.

La fase propositiva è riassunta dall’acronimo T.O.C. (territorialità, occupazione e credito). Territorialità = Fonspa deve continuare a vivere e deve continuare a farlo sul territorio romano. Questo per ovvi motivi di mantenimento del posto di lavoro e per poter fare credito come spiegato nel punto inerente.
Occupazione = nessun lavoratore deve perdere la propria fonte di reddito
Credito = Fonspa deve continuare a fare credito. Il perché è presto spiegato. Il processo di concentrazione in grandi gruppi in atto nel mondo bancario ha spostato in altre zone del Paese i settori decisionali della concessione del credito. Ciò ha comportato che, nella fattispecie, la piazza romana sia stata spogliata di occupazione nel settore e sia diventata un punto di mera raccolta di denaro il cui impiego viene deciso altrove. Un accesso al credito più difficile, quindi, che ha avuto, ed ha tuttora, evidenti ripercussioni sull’economia del territorio. Inoltre un accesso al credito più difficile è un buon viatico per l’aumento del fenomeno dell’usura e per le infiltrazioni della malavita organizzata che, in possesso di enormi disponibilità economiche, può “rilevare” imprese ed esercizi commerciali con problemi di liquidità. Questa “stretta creditizia” si innesta, inoltre, nella difficile fase congiunturale che stiamo vivendo.

In buona sostanza il progetto dei lavoratori consiste nel fare del Fonspa un protagonista più etico (nei limiti in cui questa parola ha senso nel mondo del credito) e più vicino alle esigenze di famiglie ed imprese. Queste riflessioni sul credito, che oggi sono patrimonio comune, a metà 2008 hanno destato interesse sia nel mondo finanziario che in quello politico.

Queste tre parole d’ordine i lavoratori del Fonspa le hanno, infatti, portate nel mondo politico, istituzionale e del credito. Governo, Opposizione, Enti Locali (Regione Lazio, Provincia e Comune di Roma, Municipio XI), ABI e Banca d’Italia sono stati investiti del problema. Associazioni come la CRBM (Campagna di Riforma della Banca Mondiale) le hanno supportato convintamente. Gli Enti Locali hanno collaborato tra loro per trovare una soluzione al problema cercando degli imprenditori del territorio intenzionati a “far banca”. Attualmente, due anni dopo l’inizio della vicenda, sono in corso trattative tra Morgan Stanley ed una cordata di imprenditori romani e nessun licenziamento è stato effettuato.

Per un approfondimento dei temi trattati è possibile consultare il sito lavoratori-fonspa.myblog.it