Il cerchio dei racconti

“A Tor Pignattara giocavamo a pallone in mezzo alla Casilina – capirai di macchine ne passava una ogni tanto – per cui assaporavamo la libertà” racconta nonno Ottorino che ha passato la sua infanzia da alcuni lustri.
“Si, la libertà ma anche il pericolo”, aggiunge nonna Marcella, anche lei bambina tanti anni fa “In quegli anni già c’era il tramvetto delle Laziali che arrivava fino ai Castelli, e lo chiamavamo Ammazza Cristiani. Quando si vedeva all’orizzonte apparire il tram correvamo ai lati della strada per mettere al sicuro la pelle!!.
Ma qui era campagna; quando capitava (di rado) di andare a Castel Sant’Angelo o a Fontana di Trevi dicevamo tutti contenti: Domani andiamo a Roma. Ma ci sentivamo anche noi romani di Roma!!

“Salivamo sugli alberi, non avevamo giocattoli“ continua Ottorino, “solo quelli che regalava la Cirio perché Mamma raccoglieva le etichette dei barattoli e alla Befana ritirava i giocattoli per noi 9 figli. Piccioli non c’erano per tutti, e allora ci facevamo la Nizza: un pezzo di legno appuntito da entrambi i lati che si doveva colpire con la mazza, e i monopattini fatti in casa oppure”, aggiunge Nina, “facevamo i vestiti per le bambole con i ritagli di stoffa trovati a casa. Un giorno ho preso una manica e ho cucito un vestito a forma di campana!! Ci divertivamo con poco.”

Tutti ricordano la pista con i tappi delle bottigliette, le corse dietro i tram per arrampicarsi nella piattaforma esterna, così non pagavano nemmeno il biglietto.

Antonietta invece faceva baratto per avere i pattini di cui era pazza e che non poteva permettersi e poi i noccioli di pesca che essiccava per usarli al posto delle biglie.

Risate felici – ricordano tutte e tutti| – accompagnavano i loro giochi.

All’Acqua Bullicante ci passava sotto la Marrana e andavamo a fare i bagni nei tratti ancora scoperti, proprio come nei film con Albertone (Alberto Sordi).

I ragazzi di oggi adolescenti italiani e di origine straniera guardano stupiti, prima intimiditi e poi via via più loquaci, interessati alle storie dei nonni.

“In Bangladesh si giocava solo con i disegni, niente bambole o peluche perché non si poteva” dice Lubaba, “giocavamo con i cugini per la strada senza pericolo” .

Zhang, più tecnologico, gioca sin da piccolo, con la Play oppure con le costruzioni, Eva non ha giocato con le bambole perché per lei sono inquietanti e preferisci i peluche. Ana Lyn ama giocare all’aperto ad esempio ad Uno Due Tre Stella.

Si giocava anche a Lupo mangia frutta, a Strega di Mezzanotte, a Mosca Cieca.

Il gioco della campana è internazionale e attraversa tutte le età e tempi: lo facevano e lo fanno tutte e tutti in ogni angolo del mondo “così come nascondino e acchiapparella” dice Lavinia nata e cresciuta in Romania e ora in Italia al liceo linguistico.

Una risata a crepapelle rompe i racconti quando Roberto, lo abbiamo chiamato Zio Roberto perché è più giovane dei nonni, ricorda quando da piccolo, figlio unico fino ad otto anni, giocava alle Olimpiadi da solo: interpretava giocatori diversi nelle diverse discipline e giura che era così sportivo da non far vincere solo lui stesso!!

Anche lui amava gli animali di stoffa in particolare un leone di iuta riempito con la segatura che portava sempre con se fino a quando il fratellino non lo ha sventrato.

Parla poi Manuela la prof. di Internet per nonni: anche lei smontava le bambole per poi riassemblarle. L’anima scientifica emergeva con prepotenza già da piccola. Anche quando giocava con animali veri, tanti e diversi come la tartaruga Bastiano, il gatto Celestina, i girini che si sperdevano nell’acqua, la civetta Amleto. Ma un giorno la porta a scuola e la prof di scienze scappa: -1 anzi -100. alla prof.

Ricorda anche quando al fiume si copriva di argilla gambe e braccia fino farle diventare come di gesso!!

Tornano di scena i più giovani.

Cesare ci dice che a Genova dove è nato e vissuto fin qualche anno fa giocava di più con i pupazzetti inventa storie piuttosto che con i tanti giocattoli che aveva.

Zhang che aveva un innamoramento per il suo cucciolo di cane. Lubaba che in Bangladesh si gioca anche a Fultucca, Eva e Sanzana di altri giochi all’aperto.

Chiudono Maria ora maestra elementare che ad Aversa dove viveva preferiva la bicicletta anziché le Barbie e Alessandra operatrice di Altra Mente che ricorda le bancarelle dove vendeva piccoli ninnoli e il gioco di Capitan Harlock fatto a Colle Oppio.

Ah dimenticavo!
Al cerchio dei racconti c’ erano anche Marisa e io, Patrizia, che oltre a prendere appunti delle storie, si sono divertite per tutto il tempo ascoltando piacevolmente giochi vecchi e nuovi.