Concorso di scrittura “Coltivare scrittori” 2018

“VICINO A ME”

Pezzettini 2018

I vincitori e le vincitrici del concorso di scrittura “Coltivare scrittori” di Pezzettini 2018Festa della Lettura a Torpignattara sono:

  • Scuole elementari : “Vicino a me” di John A. Courtney (5°D Scuola Deledda);
  • Scuole medie: “Vicino a me” di Luca Dulach (2°A – Scuola Manzi);
  • Liceo Kant: “L’autobus” di Costanza Lusini (4°C);
  • Istituto Casal del Marmo: “Amore sotto chiave” di Jimmy;

Finalisti sono risultati anche:

  • Scuole elementari: “Vicino a me” di Davide Baronio e Domenico Manzi (3°F Scuola Toti);
  • Scuole medie: “Vicino a me” di Giorgia Mastrocicco (1°E Scuola Laparelli);
  • Liceo Kant: “Il regalo più bello” di Laura Rubriante (5°B);
  • Istituto Casal del Marmo: “Dalla finestra” di Stella Ahzovic;

Dobbiamo scusarci infinitamente con i bambini e le bambine della classe 3°G della scuola Toti che, per un errore di trasmissione tipografica, non hanno avuto il piacere di essere pubblicati nel libro cartaceo. Ci è sembrato giusto sdebitarci, pubblicandoli qui, e dando così a tutti e tutte la possibilità di leggerli.

«Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.»
(Umberto Eco)

«Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni.»
(Ennio Flaiano)

Testi vincitori e finalisti

Scuole elementari

VICINO A ME

Io mi chiamo John, sono nato a Roma, ma questo nome è dovuto al fatto che mio nonno è inglese e io mi chiamo come lui. Ho dieci anni e faccio la quinta elementare.
Io sono un bambino molto fortunato, perché ho sempre avuto molte persone vicino a me: mamma, papà, nonna e nonno che si sono trasferiti qui per stare con noi e aiutare i miei genitori, ma ce ne è una, una sola che mi sta più vicino. Il mio cuore è grande, eppure lei lo occupa tutto. Sta con me ogni giorno, ora, ogni minuto, ogni singolo secondo.
Questa persona si chiama Alice; è una mia compagna di classe che ha la mia stessa età, peccato solo che io per lei non sono tutto questo che ho scritto. Siamo molto amici,   ma io vorrei essere qualcosa di più.
A me sono piaciute tante bambine, ma con lei è diverso: ogni momento che passo con lei mi sembra il più bello della mia vita.
Lei è alta, magra, ha i capelli lunghi e mossi, di colore castano, occhi marroni lucenti e veste sempre sportiva. E’ così bella da sembrare disegnata. E’ perfetta: è gentile, generosa, ma la cosa che apprezzo di più in lei è che è una vera amica: se rimani indietro in un dettato lei ti aiuta, se sei giù col morale ti tira su.
Senza di lei la mia vita sarebbe monotona, insomma è difficile dire quello che provo per lei: è come spiegare i colori a un cieco, ma siamo come il sole che rincorre la luna.
Dunque, questo è tutto. Spero che avete capito quello che ho cercato di trasmettervi, se siete persone intelligenti, poetiche e avete letto attentamente il testo, probabilmente adesso l’avrete  già capito.

di John A. Courtney

VICINO A ME
1° CAPITOLO (STORIA DI DOMENICO)

Vicino a me c’è un acchiappasogni, me l’ha regalato mio padre pochi giorni fa perché io ho paura di notte e così non ho più paura. È come un videogioco portatile: massimo 2 giocatori, io e papà. Ci gioco di notte, a volte ci giochiamo in due, a volte ci gioco da solo, ma più volte con papà.
2° CAPITOLO
Vicino a me c’erano dei soldi, che mia nonna mi ha regalato; quando partivo per Roma me li dava. Quei soldi adesso non ci sono più, li ho spesi per comprare la mia cameretta. Pure mia nonna non c’è più, però la sento vicino a me: mangio con lei, scrivo con lei, gioco con lei e ho dedicato una parte del cuore per lei!
È  questo che mi rende felice.
3° CAPITOLO
Vicino a me c’è una candelina: in verità io ho una metà, l’altra ce l’ha il mio migliore amico, Davide. La candelina è fluorescente e l’ho messa in cucina.
4° CAPITOLO
Davide ha i capelli biondi, ha sette anni e mezzo e gli piace il verde.
Ci conosciamo da quando stavo con mamma e avevo circa tre anni.
Siamo andati alla materna insieme.
5° CAPITOLO (STORIA DI DAVIDE)
Vicino a me c’è Bau–Bau, il mio peluche: me l’ha  regalato il mio nonno morto quando  non ero ancora nato. Lo adoro ,mi fa pensare a lui e mi fa pure da acchiappasogni  e quando mi sento giù lo abbraccio, mi fa sentire felice e al sicuro.
6° CAPITOLO
Vicino a me c’è Nanna, la mia copertina personale: ha  l’odore di mia mamma  perché era la sua veste da mare. L’ho ritrovata ieri mattina  e ci ho dormito di nuovo.
7° CAPITOLO
Vicino a me c’è la stessa candelina di Domenico: io ho l’altra metà e l’ho messa sul mio letto, così ogni sera mi ricordo di lui.
8° CAPITOLO
Domenico  ha gli occhi e i capelli castani, ha otto anni e adora il verde .
Ci conosciamo da quando sono venuto a  Roma e avevo circa due anni.
Siamo diventati amici.
Andiamo a scuola insieme e… SIAMO INSEPARABILI!!!!!*

di Davide Baronio e Domenico Manzi

Scuole medie

VICINO A ME

Ogni giorno vicino a me c’è una persona che “clicca” per scrivere messaggi e quasi sempre vicino a me ci sono i miei amici mobile e stampante, vicino ai quali mi mettono a ricaricare la batteria.
Quando i ragazzi escono di casa la mattina per andare a scuola portano tutti il proprio cellulare con sé, poi ci lasciano nella scatola sulla cattedra. È anche vero che quando  portano in giro la scatola, non riescono a farlo in modo lento, senza farci andare l’uno sull’altro.
Finita la sesta ora i ragazzi ci riprendono. Anche il “mio” ragazzo mi riprende e rinizia ad usarmi: l’unico momento di pace l’ho quando sono scarico e sto vicino a mobile e stampante, per caricare la batteria.
Dico questo perché è vero che con gli altri cellulari mi diverto, però fanno troppa confusione, perché non sempre ci spengono. Poi c’è il weekend che è la parte più dura della settimana e ciò che mi è vicino è proprio il ragazzo a cui appartengo, che inizia a lasciarmi in luoghi che non conosco e a sporcarmi ,perché non si lava mai le mani.
In realtà, ripensandoci, c’è un altro momento in cui sto tranquillo, ovvero quando il “mio” ragazzo va a dormire e mi posa sul mobile, accanto alla stampante..
Credo di aver raccontato abbastanza e spero che prima o poi gli umani si decidano a metterci a riposo mentre guidano.

di Luca Dulach

VICINO A ME

Vicino a me
La dislessia
Vuoi sapere cosa sia la dislessia?
Per spiegartelo ho inventato questa poesia.
La dislessia non è una malattia
ma un modo di fare che ti rende un po’ speciale
e se ce l’hai non ti devi vergognare
se leggi piano e scrivi inciampando, sono le lettere
che di te si stanno burlando.
Se nella tua testa c’è gran confusione
è perché le lettere fan capriole
mantieni la calma e non farne un dramma.
Se le lettere e le parole tu ascolterai
la parola corretta tu scriverai.

di Giorgia Mastrocicco

Liceo

L’AUTOBUS

Il primo piede si posa sul gradino, con passo leggero; calza una Converse del colore del cielo di oggi, un cielo forse un po’ consunto dall’uso. E ti porta su, con il tuo impermeabile rosa e i tuoi capelli simili a filigrana di rame, che si lasciano dietro un profumo di shampoo alla camomilla, misto all’aroma lieve dei tuoi ultimi sogni. Così sei tu, una scia indefinita al profumo di bucato, di raggi di sole, di latte e cereali; profumo non molto diverso, in fondo, da quello della piccola vecchia accanto alla quale ti siedi, posando la cartella tra i piedi. Vecchia così piccola, che le scarpette allacciate con cura non toccano terra e le esili mani non riescono a chiudere l’abbraccio intorno all’immenso mazzo di bianchi crisantemi, che andranno a far compagnia alle spoglie del marito. Il suo odore è forse più ovattato, ricorda un giornale fresco di stampa. Si porta dentro la melodia di quel valzer ballato tanti anni prima e le dita si stringono attorno al mazzo, come se cercassero la camicia che lui portava quella sera. Non è triste, solo concentrata in quel ricordo, potresti leggerlo tra le sue labbra sottili, che sembrano essere sul punto di cacciar fuori la lingua, come farebbe una bambina mentre scrive le sue prime lettere. Accanto a voi c’è lui, in piedi, ciocche di capelli color nocciola, piene di nodi e di pensieri incastrati in quei nodi: accordi di canzoni, le ultime righe del libro che sta leggendo senza attenzione, alcune immagini, polaroid mentali che gli si presentano davanti agli occhi, come le labbra sorridenti della graziosa ragazza con cui è uscito poco tempo fa. C’è un’orchestra di pensieri tra quei capelli, fortuna che solo lui può sentirla suonare. E poco più in là c’è lei, un carbone ardente, pronto ad appiccare fuoco a qualsiasi cosa, incandescente e luminosa, per quanto il nero dei suoi vestiti sembri voler smorzare quella luce, potente come la cascata di metal che le si riversa scrosciando nelle orecchie; e il rombare della musica irrora l’arida monotonia delle sue giornate, le invade, le riempie, le colora di tutti i colori che il nero dei suoi vestiti contiene. È potente lei, salda nella sua armatura di piercing e borchie, nei suoi scarponi chiodati, nei suoi jeans strappati. Percepisco la sua energia e non solo. Ascolto la preoccupazione del vecchio professore seduto sul fondo, con la cartella di compiti stretta al petto, che si domanda quanto le parole che semina nelle orecchie dei suoi alunni siano realmente feconde. Sento il ronzare dei pensieri pieni di dolcezza di un papà mentre sistema la sciarpa al suo bambino e avverto la curiosità negli occhi verdi di quel bambino, che fendono come fanali l’ambiente che lo circonda. Percepisco la soddisfazione scorrere poderosa nelle vene di quella ragazza, noto uno dei suoi ricci sfuggito al dominio ferreo dello chignon, in seguito alla gara di cui è stata vincitrice. Colgo la malinconia di una storia finita, aleggiare sotto le palpebre di un giovane uomo. Sono sfiorato dal viscido tradimento spalmato sui polpastrelli del quarantenne, che ticchettano sullo schermo di un telefono: sta rispondendo a quella che sarà la terza amante della sua vita; ma mi conforta la tenerezza contesa tra le labbra dei due ragazzi vicini all’uscita, il primo così perso nel contatto con la mano dell’altro da dimenticarsi di reggersi. Vicino a me sento, vedo, tocco i pensieri di tutti voi; mi assordano, abbagliano, soffocano, travolgono. Ma se uno di voi, per qualche strano caso, volterà lo sguardo verso di me, troverà un volto serio; uno sguardo lievemente corrucciato, concentrato nella guida; un corpo anonimo, coperto da un’anonima uniforme; le mani ferme sul volante di quest’autobus.

di Costanza Lusini

IL REGALO PIÙ GRANDE

Faceva freddo.
Roma dormiva, avvolta in un abbraccio di neve. Le sue strade, che fino a poche ore prima brulicavano di gente di ogni nazionalità e colore, ora erano completamente deserte, scintillanti sotto la luce delle stelle. Unico passante era il silenzio, viaggiatore sereno ed infaticabile; il suo cammino invisibile attraversava i vicoli, si ergeva sopra i tetti, lambiva le acque del Tevere, specchio mutevole della luna, fino ai punti più alti dei sette colli, per poi vegliare, con un unico sguardo, sul sonno della città eterna.
Una figura vigorosa si separò dal buio. I suoi passi scricchiolarono sul sottile strato di ghiaccio che velava la strada; la luce dorata dei lampioni lo faceva brillare come un tappeto di diamanti.
Il giovane avanzava, avvolto nei suoi abiti pesanti, le mani ermeticamente chiuse nelle tasche di pelle sintetica; ogni suo respiro era una nuvola bianca che si dissolveva nell’aria gelida.
Era un ragazzo sveglio, di vent’anni, gli occhi tanto chiari da poter riflettere il cielo; tornava in quel momento a casa, dopo essere stato per ore chiuso nella biblioteca di Roma.
“L’alternanza scuola-lavoro di quest’anno prevede una maggior familiarizzazione con i libri” avevano detto i suoi professori “E con il loro mondo. Una sola parola può contenere più sapere di mille filosofie”.
Il ragazzo sorrise. Pensava al tempo speso in quella sala, lui che aveva sempre amato leggere e sentire, oltre al profumo della carta, l’aroma sapiente delle idee che impregnavano quelle pagine, ma ancor di più immaginava cosa l’avrebbe aspettato di lì a poco, a casa: vedeva i sorrisi sereni dei suoi genitori, la sua sorellina che scriveva a Babbo Natale, la tavola imbandita, le decorazioni che incorniciavano, come in un quadro, la felicità della sua famiglia…
Improvvisamente qualcosa di luminoso si introdusse nel suo campo visivo, catturandogli l’attenzione.
Il giovane, sospeso nel caleidoscopio di emozioni della sua mente, non si era accorto di essere arrivato a San Pietro.
Il grande abete svettava come un faro nella piazza deserta, bianca di neve appena caduta. Gli zampilli delle due fontane, ghiacciati nel loro salto, sembravano scolpiti dalla mano stessa della Natura.
Il ragazzo si fermò, sbalordito. Quante volte aveva visto quella stessa scena, senza rendersi conto della sua divina bellezza?
Si avvicinò, spinto da una strana sensazione. Il suo sguardo saltò di ramo in ramo, fino a raggiungere la stella solitaria che dominava la cima, e poi di nuovo giù, scivolando lungo le luci multicolore, specchiandosi nelle sfere rosse e dorate, bolle di sapone danzanti nell’aria.
E fu proprio ammirando le ultime sfere che lo vide. Appoggiato al tronco, come un grande regalo portato lì e poi dimenticato, c’era qualcosa che si muoveva.
Da sotto una coperta, lacera e bagnata di neve, sbucò un viso. Per la prima volta il giovane guardò la vita negli occhi: vide quel volto segnato dal tempo, dalle intemperie, dal pianto, vide le guance scavate dal freddo e dal vento, le rughe tanto profonde da ospitare sentieri di lacrime ghiacciate, le dita piegate e contorte come i rami del grande abete. Vide un’anima abbandonata al buio, una candela ormai spenta dietro lo specchio trasparente degli occhi.
Il mendicante si alzò e gli andò incontro; era molto basso, come se la strada, nel corso degli anni, l’avesse prosciugato.
I due restarono in silenzio per un po’, l’uno accanto all’altro, silenziosi spettatori della quiete notturna.
Il ragazzo si stupì della facilità con cui le luci dell’albero si confondessero e danzassero negli occhi del vecchio, come se volessero cancellare dal suo animo, come viva fiamma, tutto il buio e la desolazione che in esso avevano dimorato, per fargli ritrovare la pace.
Poi, a poco a poco, i loro sguardi si incrociarono, gli occhi stupiti ed increduli del giovane, quelli ora dolci e sereni dell’uomo.
Non ci fu bisogno di attendere il miracolo, quell’unico istante scandì il gesto.
Si abbracciarono.

di Laura Rubriante

Pezzettini Off

AMORE SOTTOCHIAVE

Assenze che hanno il sapore di presenze
Questo è l’amore che ci unisce.
Vivi nei sogni che mi lasciano sveglio nelle lunghe notti
In cui il silenzio ha il rumore di sbarre di ferro
Mentre sorrido alla tua foto che mi guarda dalla parete anonima
E sorrido nel rileggere le tue lettere
Riconoscendo nelle tue parole le mie parole
Riconoscendo nella tua grafia la mia grafia
E sorrido attendendo le telefonate che frantumano la nostra distanza.
Nel libro della vita che voglio scrivere insieme a te
Ci sono pochi momenti vissuti
Per ora possiamo solo tracciare immagini del futuro
Quel futuro a cui abbiamo legato i  nostri destini.
In quel libro ho disegnato i figli che avremo
La casa che abiteremo
I viaggi che faremo insieme.
La felicità porta il tuo nome
E per essere vera ha bisogno di abbracci
Che le sbarre proibiscono.
Eppure è sottochiave che è nato
Il nostro amore
È stato nei tuoi occhi caldi
Che mi sono specchiato.
Siamo anime gemelle, destini incrociati
i silenzi, gli sguardi comunicano i bisogni
Che le parole non svelano.
Sogno di incontrarti, abbracciarti
In una sera d’estate
Io, te e il rumore del vento che bacia il mare.
Ti chiederei il tempo di raccontarci
Di ridere,  piangere, ricordare.
Per ora posso solo cercarti nello spazio vuoto della tua cella
Nell’angolo vuoto del cortile da cui parlavamo
Nell’aria che attraversa le sbarre
da cui ci siamo scambiati il primo bacio.
Sorrido alla pioggia che batte sul vetro
Quella stessa pioggia che affrontavi con coraggio
Nel cortile che viveva il nostro amore
Quello stesso cortile che hai salutato con lacrime
Il giorno in cui sei uscita.
La pioggia bagnava i tuoi capelli
Mentre io ti pregavo di andare
Ma tu rimanevi
con i capelli che si incollavano al viso.
“Amore vorrei sentirti addosso come questa pioggia”
Dicevi con lo sguardo di chi non promette invano
Il nostro amore è sopravvissuto alla libertà del fuori
Solido  come un muro maestro,
Profuma di promesse che entrambi vogliamo mantenere
Per te sarò un uomo nuovo
Un uomo che vive il suo tempo con la sua famiglia
Sarò padrone del mio tempo
Sarò padrone per fartene dono
Saremo due usignoli che cantano il loro amore
Come lo abbiamo fatto nelle notti che ci legavano
In luoghi dimenticati
Inventando un linguaggio tutto nostro per dirci ti amo
Ma questa volta a separarci non ci sarà più
una grata di ferro
il nostro amore non sarà più un amore sottochiave
te lo prometto Samantha, io te lo prometto.

di Jimmy

VICINO A ME

Amore, quando sei vicino a me
provo un sentimento troppo forte; tanto forte da desiderarti.
So, però, che è difficile conquistarti.
Amore, tu sei il mio sole ed io il tuo calore;
il tuo sguardo m’incanta perché la tua Bellezza è tanta.
Quando sei vicino a me, il mio sguardo brilla solo per te:
Amore, senza te non so la Vita cosa sia;
Tu sei tutta la mia immensa follia

di Stella Ahzovic

Classe 3°G Scuola Toti

Vicino a me: Una gara di amicizia

Questa è una storia vera.
Circa una settimana fa, di sera, la mamma mi ha raccontato una storia della buonanotte che iniziava così:
“Qualche tempo fa Francisco,un bambino messicano di dieci anni,doveva partecipare ad una gara di triathlon(nuoto, bici e corsa).
Francisco era felice ma anche un po’ nervoso: si era allenato molto ma doveva affrontare bravi atleti! Tra questi atleti c’era una campionessa di nome Patrizia, imbattibile! Patrizia, una bambina di dieci anni, alta, magra ma forte; la sua famiglia veniva dal Bangladesh, lei però era nata a Roma e frequentava la stessa scuola di Francisco….”
Fu a questo punto che mi addormentai e sognai…
“Finalmente era giunto il momento della gare. Alla gara di nuoto Patrizia arrivò prima e io secondo,
a quella di bici lo  stesso, ma alla corsa  capitò qualcosa di diverso: Patrizia  comincia a correre ed è in testa, io le sto alle calcagna   ma improvvisamente le i inciampa e cade. Io la aiuto a rialzarsi e la incoraggio a continuare a correre. E lei vince ancora!
Ma il pubblico grida “BRAVO FRANCISCO!” e i giudici decidono di darci il premio a tutti e due.  Acclamati da tutto il pubblico, io e Patrizia ci abbracciamo commossi…”
Al mio risveglio ho capito che la vera vittoria è farsi degli amici e si sa, gli amici si riconoscono nel momento del bisogno . E’ bello essere vicini agli altri!

Testo collettivo (3°G scuola Toti)

Acrostico
Vogliamo Insieme Condividere Il Natale Ogni Anno Mese E… giorno!

Vicino a me

Simone era un bambino di 9 anni che abitava a Roma con la sua famiglia,Simone era molto vivace ma anche molto gentile, per questo tutti gli volevano bene.
Per il suo compleanno aveva ricevuto una bellissima moto giocattolo di cui era molto fiero. Un giorno purtroppo non riuscì più a trovare  la sua moto con cui amava giocare quando era a scuola, perciò era molto triste e piangeva spesso. Ai suoi compagni dispiaceva molto vederlo così quindi decisero  di fare qualcosa per farlo  di nuovo felice.
Un giorno Simone arrivò a scuola e trovò sopra il banco una moto giocattolo uguale a quella che gli avevano regalato i suoi genitori: i suoi amici gli avevano comprato tutti insieme una moto per vederlo di nuovo felice.
Simone capì che la cosa più importante è avere tanti amici intorno a sé.
Io sono Luca Ye, ho 9 anni e sono in 3G.Sono arrivato dalla Cina in 2G. Un mio compagno di classe si chiama Simone. Oggi vicino a me c’è Samuele(tirocinante) che conosce il cinese e mi ha aiutato a scrivere questa  storia in Italiano.

Vicino a me: Gino

Un po’ di tempo fa papà mi comprò un porcellino d’India , e lo chiamai Gino.
E’ morbidissimo, ha gli occhi neri ed è marrone con una macchia bianca sull’occhio sinistro.
Era davvero bellissimo!
Però mia zia di nome Alberta detestava i porcellini d’India. Per questo zia Alberta odiava Gino.
Per il suo  compleanno ,anche sapendo che sarebbe stato impossibile, zia Alberta come regalo ha desiderato che tutti i porcellini d’India morissero. Questo desiderio non si avverò!
Però zia Alberta rapì Gino e lo portò via nella sua casa di campagna.
Allora io mi misi a piangere.
Per fortuna papà aveva un amico che abitava vicino alla casa di campagna di zia. Allora l’amico di papà entrò di nascosto nella casa di zia Alberta e prese Gino.
Me lo riportò e io fui contentissimo che lui fosse di nuovo vicino a me!

di Marco Dal Pra (3°G scuola Toti)

Vicino a me: Un amico speciale

Una volta un bambino mi si è seduto  affianco e ci siamo messi a parlare, poi lui mi chiede dove abito e io gli do l’indirizzo e gli dico di venire a casa mia. Lui dice di sì e viene. La giornata è finita bene e ci siamo divertiti. Si chiama Federico, ha 7 anni, capelli biondo ocra, fa la  seconda elementare, è bravo in ogni materia, è gentile e anche generoso. È un bambino bravissimo.
Allora l’altro giorno a scuola in cortile ci siamo rincontrati e ci siamo rimessi a parlare e mi ha detto che eravamo amici e io sono stato contento. Poi lui se ne è andato con la classe e anche io.
Dopo all’uscita ci siamo rivisti e lui è andato in pizzeria  e anche io e così siamo diventati amici del cuore.

di Andrea Di Fulio (3°G scuola Toti)

Vicino a me: Arriva Giaspa!

Gill: Gill vive da 30 anni qui a Roma, ha gli occhi marroni,ha i capelli castani e ricci, è molto dolce, gentile e di lavoro fa la baby-sitter. Gill ha anche un marito, Michele: Michele è d’origine romana, ha gli occhi verdi, è calvo e fa il costruttore.
Quel giorno mi arrivò una bellissima notizia: Gill e Michi volevano prendere un gattino di nome Giaspa, anche se aveva no  paura che gli graffiasse il divano. Però io li incoraggiai a prenderlo e allora decisero ufficialmente di prendere Giaspa.
Giaspa ha il pelo lungo, folto, di colore grigio, è molto coccolone, nasconde spesso i calzini e adora acchiappare i pesci giocattolo.
Pochi giorni dopo il suo arrivo Giaspa si è avvicinato a me ed io gli ho fatto un sacco di coccole sul pancino e sotto il mento.
Da quel giorno ogni volta che Giaspa sente la mia voce salta sul davanzale della finestra e miagola perché vuole le coccole e a me fa piacere fargliele.

di Emma Di Rocco (3°G Scuola Toti)